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25/09/2016 - Le Masse di San Sisto di Vetralla - Castel di Asso



Informazioni sull'uscita

Data: 25/09/2016

Difficoltà:


Distanza in auto: 0 km (a/r)

Lunghezza percorso a piedi: 0 km

Note:

         

Cari Tiburziani

                          Con riserva di ulteriori chiarimenti, vi trasmetto le sottonotate indicazioni-note, mentre in allegato immagini utili per seguire correttamente l’uscita di cui trattasi. La stessa presenta difficoltà per la scarsa od inesistente segnaletica dei luoghi da raggiungere:

 

Note ed indicazioni percorsi

Per raggiungere le Terme  - “Le Masse di San Sisto” di Vetralla (partenza ore 8.30) 

Civitavecchia Park Tribunale - A 12 uscita x  Aurelia Bis Monte Romano – Sosta Caffè-margherite  Bar-Ristorante il Gabbiano posto prima accesso superstrada  – compattamento vetture. Poi superstrada x Viterbo – uscita “Vetralla” (vedere cartina allegata) dopo svincolo girare subito a sinistra indicazione Terme parcheggiare appositi spazi. Pagare ingresso euro 7 cad.. Bagni - pranzo relax  fino alle ore 14.15

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Per raggiungere Parcheggio Castel d’Asso

Ore 14.30 c.a.,  si riprende la Superstrada e si esce in Direzione Viterbo Centro – si gira a destra nel secondo incrocio – si prosegue direzione Terme (Strada dei Bagni)  e si gira a sinistra (all’altezza dei bagni hanno posto un divieto d’accesso per 50 mt lo forziamo!) - si continua in direzione Strada Bulicame – poi si segue Strada Montarone ed infine Strada Procoio (Così si arriva al parcheggio Castel d'Asso - posto a sinistra della strada)

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Per chi possiede un tom-tom è utile inserire “Viterbo Strada Procoio”, dove dobbiamo andare. Altrimenti si rende necessario mettersi dietro le auto di testa. La Necropoli di Castel d’Asso, dai locali, viene confusa con la località Castel d’Asso prossima ma posta su una strada diversa, quindi chiedere informazioni potrebbe non potrebbe essere utile. Noi, ribadisco, dobbiamo prendere la Strada Procoio ove c’è anche un Resort Castel d'Asso.



Documenti sul sito

GRUPPO TREKKING TIBURZI – CIVITAVECCHIA

25 SETTEMBRE 2016

TERME LE MASSE DI VETRALLA

  NECROPOLI ETRUSCA DI CASTEL D’ASSO

La Terra degli etruschi dai sarcofagi in nenfro con coperchi scolpiti

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Dopo una distensiva, serena e proficua mezza giornata alla Terme di San Sisto di Vetralla, tra bagni di sole, di acqua calda e di grigliate … confortato da una splendida giornata di un’estate ormai in liquidazione, il Gruppo Tiburzi si sposta per raggiungere il recondito territorio dell’etrusca Axia, ai più sconosciuto...

A X I A

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L’acropoli e la città sorgevano, elevate, intorno all’area occupata dal Castello medievale. Il pianoro, posto su uno sperone tufaceo isolato dai torrenti Caldano, Freddano e Rio Secco, é ben protetto da coste impervie a picco ove soltanto in alcuni punti è possibile l’accesso dal fondo valle, elementi naturali difensivi per la civita ed i suoi abitanti.

Non evidenti le emergenze dell’abitato etrusco (fondo di abitazioni e di capanne, canali di scolo acque etc.), sepolte dalla fitta vegetazione e dall’humus. Solo le torri e le fondamenta del castello, ancora presenti che, seppur rimaneggiate e modificate, hanno assolto ininterrottamente per oltre duemila anni, il loro compito di controllo della strada doganale, cambiando spesso vessillo, da un “Signore all’altro”, passando da una civiltà all’altra.

La vista che si gode dalla terrazza della torre maggiore, giusto premio alle fatiche della impervia risalita, ripaga …. Permetteva un ottima visione strategica sull’ampio panorama delle aree circostanti e la vista e controllo delle elevate pareti tufacee ove erano ubicate le tombe rupestri.

Città ed acropoli, gli etruschi, come uccelli rapaci, le ponevano su luoghi inaccessibili, dai particolari requisiti di sicurezza che il loro tempo esigeva. Al contrario, le necropoli, erano realizzate fuori dell’abitato, in luoghi impervi, ma abbastanza raggiungibili da chiunque attraverso le vie sepolcrali.

 Non presidiate da alcuno, le tombe, erano concepite in modo da presentare obiettivi impedimenti per eventuali predatori.

Superstizione …

Raramente venivano profanati luoghi sacri di “eterno riposo” dei defunti, si correva il rischio di incorrere nelle ire delle divinità vendicative dell’Oltretomba, cui si attribuivano particolari poteri sovrannaturali…! La concezione dell’aldilà per gli etruschi resta comunque un mistero, come la loro lingua e la loro origine. Una cosa è ben certa, ponevano particolari attenzioni e rispetto per i defunti, suppongo che erano convinti che la vita terrena si perpetuasse finché il loro corpo avesse conservato sembianze umane ed al loro stato di conservazione ponevano speciale cura. Mentre è certo che avevano cognizione dell’anima, che sopravviveva quando il corpo si decomponeva del tutto, che il mondo onirico suggeriva.

Impedimenti fisici…

Per liberare un “dromos” da trenta o quaranta tonnellate di terriccio, in una sola notte, non era impresa possibile. Il pesante portale in pietra di varie tonnellate infine precludeva ogni operazione di accesso. Rimuoverlo richiedeva la collaborazione di più persone e di attrezzi (argani – cordami etc.).

Il lavoro dei “tombaroli” difficilmente passava inosservato e quindi veniva contrastato. Ma anche al tempo degli etruschi questi sacrileghi non mancavano! Buona parte delle necropoli antiche sono state profanate da gente dello stesso popolo, priva di scrupoli. I Romani poi, aprivano le tombe etrusche solo per portar via i metalli preziosi di cui erano particolarmente ricche.

Le tombe rupestri del luogo, a dado, semidado o falso dado, presentano sulla parete frontale una falsa porta in rilievo che rappresenta la soglia di passaggio dell’anima dal mondo dei vivi a quello dei morti. Il sotto facciata presenta a volte una tettoia “displuviante” mentre di lato, in genere, una scala a gradini ricavata nel tufo consentiva l’accesso ad una terrazza superiore del “dado”, ove prendevano posto i partecipanti al funerale al seguito del corteo funebre. Mentre le camere sepolcrali (soglie fisiche) trovano posto nello spazio sottostante, raggiungibili attraverso un dromos (lungo corridoio). Nella parte anteriore della facciata venivano a volte scolpiti bassorilievi rappresentanti divinità o scorci di fatti mitologici, mentre non sono rare le iscrizioni del nome dei proprietari.

 

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E’ ormai convinzione generale che Axia etrusca sorgesse in questo luogo, il suo nome sopravisse in quello del castello che ancora oggi ci onora della sua presenza! Cicerone, poi, nell’Orazione “Pro-Caecina” nel dirimere una controversia (Nota)  qui localizza il “castellum Axiam”! Lo stesso Oratore ci informa che nella tarda età repubblicana Grandi famiglie Tarquiniesi quali i Fulcinii ed i Caesennii erano proprietarie di vasti latifondi in Axiam, (Agro Tarquiniense).

Il declino del Centro iniziò nell’Alto Medioevo con il decrescere di importanza delle vie di comunicazione che transitavano nei pressi da e per Viterbo (strade doganali).

Axia etrusca fu portata in luce nel secolo XIX da Padre Pio Semeria e da Francesco Orioli, mentre poco dopo, ad iniziativa privata da Giosafat Bazzichelli, che ampliò gli scavi, scoprendo anche la vicina Musarna.

Entrambe le necropoli dei due centri furono man mano abbandonate, dopo successive attenzioni non disinteressate di qualche università o centro studi straniero. Questi complessi monumentali giungono a noi sempre interessanti ma ormai spoliati. Mentre le città, dopo scavi piuttosto affrettati e mirati, sono state rinterrate

Ciò che oggi si può visitare di Axia è una piccola parte della necropoli, e quel poco che affiora dell’acropoli mentre, come già detto, la “civita” giace sepolta sotto una fitta vegetazione e terriccio.

Scendendo dal piano della Vaccareccia verso il corso del Freddano, attraversando una suggestiva tagliata, si incontrano alcune tombe monumentali a facciata, alquanto significative, poste anche su tre ordini sovrapposti. Mentre nelle vallette laterali, sul costone roccioso di sinistra, è presente una tomba “anonima”, c.d.  Grande, al cui interno sono ancora visibili vari sarcofagi in nenfro scoperchiati, come fosse il frutto di un lavoro affrettato da parte di tombaroli senza scrupoli. Altra area necropolare è visitabile sul versante opposto, proprio sotto il Castello Medievale. Mentre le alte pareti tufacee rimanenti lasciano intravedere, qua e là, portali di “Dadi” seminterrati, imprigionati ormai da una fitta vegetazione, con dromos completamente interrato.

La Tomba Orioli - IV Sec. A.C.

            

                                      FOTO ROLANDO FRACASSA

 

Posta sulla parete destra (per chi scende dalla tagliata del Piano della Vaccareccia)

Unico esemplare in Etruria nella sua concezione architettonica, la sua vasta sala può ospitare 62 fosse, 32 x parte (le prime destinate ai bambini), con andamento a “spina di pesce”, divise da un angusto corridoio centrale. Profonda oltre 17 metri lascia molti dubbi dietro di sé sul motivo della particolare costruzione. E’ opinione del sottoscritto che  detta tomba servisse per avvicendare i defunti da tempo sepolti nelle tombe gentilizie - il cui corpo era ormai ridotto al solo scheletro - man mano che occorreva seppellire le generazioni successive. Era forse questo il momento in cui l’anima si separava del “fardello” terreno per raggiungere un qualche paradiso.

Di frequente utilizzazione, la Tomba Orioli, forse il portale non veniva mai chiuso, é inimmaginabile che le 62 fosse venissero utilizzate per defunti recenti, lo stato di decomposizione di quelli già deposti, avrebbe impedito o limitato l’accesso ai necrofori. Era un luogo sacro in cui ci si recava per onorare gli antenati, ove questi, ivi deposti, scontavano una sorta di limbo.

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Complesso tombale dei Tetnie. V Sec. A.C.

Prossimo alla precedente è composto da un gruppo di tre tombe contigue divise da scale laterali per raggiungere la sommità del dado. Nella cornice della prima tomba era riportata l’iscrizione del nome del suo proprietario: “eca suthi nesl …… Tetnie”- “io sono di …. Tetnie”!!! Tale iscrizione si è staccata dalla facciata ed è rotolata a valle. La famiglia dei Tetnies era originaria di Vulci.

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Tomba Degli Urinates - V Sec. A.C.

La terza tomba, come recita la scritta sulla cornice della falsa porta, apparteneva alla famiglia di Vel Urinates.

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Tomba di Arnth Ceises - V Sec. A.C.

 

                    ISCRIZIONE DELLA TOMBA CEISES

(Opinioni del Vanì)

Posta sulla parete di sinistra, di fronte alla tomba dei Tetnie, conserva il nome del suo proprietario sulla cornice della falsa porta. Questa emergenza merita qualche riflessione. La similitudine del cognome Ceises con quello dei Ceisennii ( o Caesennia) desta qualche sospetto! La famiglia Ceisennii, intorno alla tarda età repubblicana (I secolo a.C.), era proprietaria di latifondi in “Castellum Axiam”, come dice Cicerone. Forse che la Caesennia citata dal grande Oratore nella sua Oratio-Pro-Caecina era originaria di Axiam ed “Arnth Ceises” era un suo antenato? Quindi la tomba Ceises apparteneva alla sua famiglia? E’ questo il motivo che la spinge a comperare il Fondo Fulciniano in Axia, contiguo alle sue altre proprietà?

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La Tomba Grande

 

                                               

 

Giunti in fondo alla Via sepolcrale, voltando a sinistra, dopo un centinaio di metri si incontra un gruppo di tombe per le quali occorre salire una ventina di metri per una non agevole scarpata. Raggiunto l’ingresso della prima tomba, la così detta “Grande”, si accede all’interno attraverso un lungo dromos di circa 21 mt. dalle pareti di un’altezza media di mt. 6. Nella grande camera sepolcrale sono ancora presenti alcuni sarcofaghi scoperchiati, in stato di generale dissesto. Anche le altre tombe prossime presentano condizioni analoghe. E’ una scena raccapricciante, non solo per chi ama gli etruschi, che raramente si riscontra in altre necropoli, anche se ovunque, i tutori del patrimonio storico e non, hanno portato via tutto ciò che poteva essere asportato, lasciando le tombe spoglie, per riempire musei e depositi od arricchire qualche collezione privata. In certi casi sono stati distaccati dalle pareti arredi scolpiti in bassorilievo e pitture. Ma c’è anche qualcuno che, in regime di tutta legalità, è riuscito a “trasferire” altrove intere tombe od ingenti parti  dei bassorilievi di frontoni tombali.

I più bei sarcofaghi del nostro patrimonio archeologico sono raccolti nei vari musei italiani ed esteri.

In questi ultimi tempi le autorità governative italiane sembrano ben disposte a mostrare al pubblico i tesori  raccolti nei vari musei. Ricordo ancora, con rammarico, quando tempo fa, in visita al Museo Etrusco di Villa Giulia mi fu negato l’accesso alla sala contenente oggetti d’oro rinvenuti nelle tombe, che io conoscevo per averne preso visione da un volume che mi impegnai di far stampare dalla mia Banca a titolo promozionale (Oro degli Etruschi – edizione De Agostini). Per accedere nella sala era necessaria una particolare autorizzazione motivata. Un noto orefice romano mi aveva preceduto, stava cercando spunti ed idee per creare i suoi nuovi gioielli… giusta motivazione! 

 

Il Castello Medievale

 

I suggestivi resti del Castello medievale completano la visita  al “Parco” di Axiam.  Ristrutturato nel XII secolo sullo sperone occidentale, mentre a nord-est si trova il mastio a base quadrata. Ottimo punto di osservazione.

 

 

 

 

                                         

 

 

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NOTA

 

Oratio Pro-Caecina di Marco Tullio Cicerone

(Arpino 3-01-106 a.C. – Formia 7-12-43 a.C., ucciso da avversari politici.)

 

L’oratore assunse la difesa dell’amico Aule Caecina, volterrano, in una vertenza contro le prepotenti pretese di un tal Ebuzio.

Il testo del manoscritto dell’orazione di Cicerone fu rinvenuto presso il Monastero Cluniacenze di Langres. Fu l’umanista Poggio Bracciolini che lo rinvenne e che fortunatamente, comprendendone il valore, lo trascrisse, correva allora l’anno 1417.

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Brevemente i fatti….

 

Cesennia sposa Marco Fulcinio, banchiere romano, intorno al 60 a.C., l’uomo morì presto lasciando i suoi beni a suo figlio e l’usufrutto alla moglie. Ma anche il figlio, in pochi anni, seguì la stessa sorte del padre onde Cesennia ereditò una consistente parte del patrimonio di questi.

La donna dette mandato a Sesto Ebuzio (sensale)  di acquistare una tenuta in “fundus Fulciniano” in agro tarquiniensi, in Castel d’Asso, corrispondendogli la somma per la transazione richiesta.

 Nel frattempo Cesennia sposò in seconde nozze Aulo Cecina e presto morì, lasciando al marito l’eredità dei suoi beni. A questo punto Sesto Ebuzio, fiutando il momento critico, occupò la tenuta affermando che era stata comprata con il suo nome e con i suoi danari e non con quelli di Cesennia, asserendo inoltre che Cecina, in quanto cittadino volterrano, aveva perduto il diritto di “ereditare”. Avendo Roma conquistato la lucumonia di Volterra privando i suoi cittadini dei diritti civili.

Il Cecina, presumibilmente consigliato da Cicerone, che in seguito assunse la sua tutela giudiziaria, si presentò alla tenuta in Axiam con alcuni suoi amici affinché fosse cacciato da Ebuzio. Avrebbe potuto così chiedere al pretore l’acquisizione legale del bene. Ebuzio, come previsto, non intuì lo strattagemma, impedì l’accesso alla tenuta, facendo circondare Cecina ed i suoi amici da gente armata ma senza usare violenza.

 

Il Dibattimento.

 

A questo punto subentra Cicerone con il suo autorevole intervento, confutando ogni argomentazione di Ebuzio che asseriva di aver acquistato la tenuta con i suoi propri mezzi finanziari.

Cecina si lamentò davanti al pretore Dolabela ottenendo a suo favore un'ordinanza   così detta dell’interdictum, che gli restituì la terra perché espulso violentemente da questa. Ebuzio sostenne che l'editto di interdizione non lo toccava poiché egli non aveva “cacciato” Cecina dal fondo  usando violenza.

 L’avvocato di Ebuzio, Gaio Calpurnio Pisone, asserì che non ci fu violenza tangibile, così come non ci furono feriti, ma Cicerone, compreso che la parte avversa aveva mostrato il fianco avendo spostato il dibattimento su argomenti a lui favorevoli, confutò l’intervento con un sofisma: “infondere paura è una violenza peggiore di quella fisica”!

 Intervento di Cicerone:

(L’oratore convinse il tutore della legge che la sola presenza di armi e uomini con intenzioni poco rispettevoli fosse già violenza concreta.)

Preambolo …

“”…. Caecina cum amicis ad diem venit in castellum Axiam, a quo loco fundus is de quo agitur non longe abest. Ibi certior fit a pluribus homines permultos liberos atque servos coegisse et armasse Aebutium…..””

“Traduzione di parte dell’intervento…”

''Confessate che (il Cecina ed i suoi amici) sono fuggiti nel terrore; si dia come ragione della fuga la stessa che tutti sappiamo: le armi, la folla di uomini, l'irruzione e l'attacco di persone armate. Ammettendo questi fatti, si negherà che vi è stata violenza? Considerate bene, per gli dei immortali! quale principio di diritto volete stabilire per noi, quale situazione per voi stessi, quale norma,  infine, per tutta la collettività. In realtà, signori recuperatori, violenza non è solamente quella che ci colpisce nel corpo con grave pregiudizio della nostra vita, ma pure, e di molto più grave, quella che, minacciandoci di morte, riempie di terrore il nostro animo e ci fa spesso allontanare da un luogo e da una condizione sicura.”

Marco Tullio Cicerone, avvocato romano non ancora all’apice della sua prosperosa carriera, così ebbe la meglio su Sesto Ebuzio e su il suo leguleio Gaio Calpurnio Pisone, trascinando la causa su elementi di diritto privato a lui favorevoli.

Ivano, 25-09-2016

          


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